IL POZZO SALVA I FRATELLI. Via Provinciale San Mauro

Dopo l’8 settembre 1943 gli uomini che non erano a combattere venivano condannati o fucilati.
Chi non aveva scelto la lotta partigiana era costretto alla fuga e alla latitanza continua. Francesco si era trovato in questa vicissitudine. La casa abitata dalla sua famiglia dal 1923, in via Provinciale San Mauro (oggi viale della Repubblica) era, come le altre case dei savignanesi, occupata dai tedeschi. In casa c’erano tre ufficiali, due dormivano dai genitori di Francesco, uno dallo zio, poiché si trattava di due case abbinate.
La famiglia di Francesco si era ricavata un rifugio sul retro, dove sorgeva un pagliaio, scavato nella terra. I tedeschi tutte le sere uscivano e tornavano ubriachi. La chiave di casa, per protezione, era posata sopra una finestra. Una sera, più ubriachi del solito, non trovando la chiave, con il calcio del fucile spaccano i vetri per entrare. Alle grida lo zio esce dal rifugio e viene scambiato dai tedeschi per un partigiano, buttato a terra e picchiato. Lo zio chiama aiuto, il padre esce dal rifugio e vede il fratello in pericolo di vita. Fortuna vuole che nel pagliaio ci fosse una scure per spaccare la legna. Uno dei tedeschi gli era sopra, un altro alle spalle. C’era un pozzo attaccato alla casa, che è rimasto lì fin dopo il fronte. Il padre va incontro al tedesco che gli ha puntato il fucile appoggiandosi al pozzo e lo spinge giù con la scure; colpisce l’altro nella schiena, poi fugge precipitosamente con il fratello.
Questa è la storia del “pozzo salva i fratelli”, perché senza il pozzo sarebbero morti entrambi. Da quel momento la famiglia, per sfuggire alla rappresaglia tedesca, è costretta a separarsi e fuggire, ciascuno per un proprio destino, finché non sarà finita.

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