Era l’ultimo martedì di carnevale, c’erano i contadini nel forno che facevano la ciambella, dei profumi…, chi poteva si faceva un po’ di ciambella. Un gruppo di bambini gioca in piazza Castello, l’antica piazza raccolta nel cuore del vecchio castello medievale, tutta una combriccola. Uno di loro salta fuori a dire che nelle granate ci sono le pietrine, bastava smontarle, togliere le pietrine, venderle e ricavare un po’ di soldi. Alfredo decide allora di prenderne una e di andarla a smontare, si mette seduto in mezzo alla piazza, con un sasso fra le gambe e con un altro sasso colpisce la granata. Gli altri ragazzini si allontanano per andare a giocare qualche decina di metri più in là. A un certo momento balena un lampo rosso nella porta finestra vicino all’arco del ponte levatoio e Mario non sente più le gambe. La mamma lo chiama dalla porta “Mario vieni qua, è scoppiata la bomba, vieni qua, vieni qua…!”. Raggiunge la madre trascinando le gambe: sotto si forma un lago rosso, tutto sangue. Prima che la madre lo prenda in braccio per correre all’ospedale, Mario grida “Alfredo! Alfredo! Andate a vedere Alfredo!” Alfredo aveva nove anni, trovarono i pezzi persino nel Rubicone. Era una bomba da mortaio, arancione, quelle dirompenti. Perché c’erano le verdi, che erano le fumogene, le nere che avevano il bengala e le arancioni, color rame, che erano le dirompenti: lui aveva preso proprio una di quelle. Trovarono i piedi, le braccia, tutto in giro, sparso. Lui era sopra un sasso, si vedeva il tronco, Alfredo non c’era più.
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